L'Avviso pubblico ha visto la partecipazione di 293 artisti e collettivi da tutta Italia. La Commissione di Cantica21 ha selezionato un totale di 45 progetti, 20 per la categoria under 35, con la partecipazione di artisti anche emergenti, 20 per la categoria over 35 e 5 per la sezione speciale dedicata a Dante Alighieri.
Scopri i progetti selezionati
Camilla Alberti, The Overstory. Nella terra sottovoce
Museo della Permanente, Milano (MI)The Overstory. Nella terra sottovoce
Ricamo industriale
Il progetto propone un parallelismo tra il World Wide Web e il Wood Wide Web o “web biologico”, una rete vegetale che connette tra loro diverse specie viventi grazie alla funzione delle micorrizie, associazioni simbiotiche tra funghi e radici delle piante che permettono una comunicazione sotterranea ramificata ed estesa per chilometri tra popolazioni di alberi. L’avvento di Internet, negli anni ’60, recava con sé un’utopia, quella di un mondo connesso, antigerarchico, equilibrato e stabile, ma le relazioni di potere del capitalismo hanno soffocato quell’utopia. La ricerca muove da una domanda precisa: può il paradigma vegetale offrire un modello alternativo, che permei tra tecnologia a organicità, per un nuovo modo d’impiego di Internet? La connessione biologica non crea una sovrastruttura alla realtà, ma è capace di ampliare la realtà stessa ancorando gli esseri viventi che la utilizzano a questo mondo, per connetterli con ciò vive attorno a loro. Capire al meglio il funzionamento e l’uso di questa risorsa potrebbe essere fondamentale per modificare il modo d’impiego della rete da parte dell’essere umano, che sempre più si distacca da ciò che lo circonda spostandosi verso l’immaginario di un mondo fatto di dati e privo di un “corpo”. L’opera finale consiste in un ricamo, prodotto con una macchina industriale multiteste, scelta poiché è da un telaio automatico Jaquard a schede perforate che nacque, nel 1837, la prima calcolatrice programmabile, propotipo del computer e del linguaggio digitale.
Oli Bonzanigo, Rasna?
MADRE - Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli (NA)Rasna?
Scultura
Rasna? è il primo capitolo di uno studio empirico delle antiche tecniche di oreficeria etrusca applicate a forme di arte contemporanea e si compone di una piccola collezione di 3 sculture realizzate in bronzo ed in oro, ispirate alle forme dell’anatomia interna umana. Molti orafi moderni si sono interrogati su come oggetti di tale sublime ricercatezza possano essere stati pensati e realizzati con le tecnologie ed i materiali disponibili a quel tempo. Una domanda quasi ancestrale sull’origine delle cose, di noi stessi, e sulla materia come veicolo culturale ed atemporale. Comprendere il sistema in cui coesistiamo ed operiamo è tanto importante quanto gli organi che conteniamo e che ci rendono organismi operativi. Il fegato, ad esempio, è di fatto un organo atto alla trasformazione energetica, ed è per questo che gli antichi ne osservavano le forme per consultare auspici divini. Nel corpo umano il fegato è infatti considerato un centro di depurazione, ma anche di trasformazione delle emozioni: da un livello viscerale, istintuale, di pura sopravvivenza, a un altro in cui diventa coscienza e pensiero.
Letizia Calori, E noi sull’illusione
MAMbo - Museo di arte Moderna di Bologna, Bologna (BO)E noi sull’illusione
Installazione (struttura modulare, stampe e materiali scultorei)
E noi sull’Illusione è un’installazione in cui tre sculture, come anti-monumenti ad un gruppo di anti-eroi, sono sospese in un’illusione ottica, in un luogo altro, intenti a cogliere qualche indizio dal mondo esterno. Lo spazio dell’installazione è definito da un wallpaper che emula la griglia di pixels che codifica il vuoto nei software di grafica come Photoshop. Le sculture riportano le estremità di un corpo umano, principalmente mani, piedi e orecchie, tenute insieme da aste di ferro, che si articolano fino a creare forme antropomorfe precarie e distorte. L’installazione, disposta come un set teatrale, invita il visitatore a oltrepassare le regole stabilite dalla costruzione scenica dello spazio e ad attraversarla, in modo da soppesare il proprio corpo con i corpi scultorei, ironici frammentati e distorti, creando un tutt’uno con essi. L’illusione ottica creata dalla griglia sul fondale induce ad un senso di sospensione, di perdita di riferimenti, traducendo in spazialità la sensazione di perdita d’orizzonte che ci ha accompagnati negli ultimi mesi.
Emanuele Camerini, Bradbury
Musei Civici di Reggio Emilia, Reggio Emilia (RE)Bradbury
Disegno e videoinstallazione
La fortuna esiste davvero? È una questione di coincidenze o è l’attitudine verso le cose che rende alcuni più fortunati di altri? Se, come sostiene l’antropologo statunitense Arjun Appadurai, il futuro è un fatto, dunque qualcosa che può essere non solo pensato, ma effettivamente progettato e costruito, il concetto di fortuna si lega a quello di possibilità.
L’opera Bradbury nasce dal dialogo con i professori di Fisica Teorica dell’Università di Catania Alessandro Pluchino, Andrea Rapisarda e Alessio Biondo e dalla riflessione sul loro paper “Talent vs Luck” nel quale forniscono un modello statistico che quantifica l’incidenza dell’intelligenza e del caso sulla possibilità di avere successo nella vita.
L’opera è pensata come un dittico in tecnica mista che unisce disegni a carboncino su carta e un video. I disegni ricostruiscono la traiettoria dell’ultimo giro della finale dei 1000m di pattinaggio di velocità delle Olimpiadi di Salt Lake City che, nel 2002, è valsa la medaglia d’oro a Steven Bradbury, considerato uno tra i partecipanti meno talentuosi; a monitor, una sequenza in loop del video realizzato dal team di Pluchino, che rappresenta graficamente la relazione che esiste tra merito e successo e il ruolo in essa giocato dalla fortuna.
Irene Coppola, <h1> Home Page </h1>
Museo Riso - Museo regionale di Arte moderna e contemporanea, Palermo (PA)<h1> Home Page </h1>
Installazione
Durante il periodo di lockdown nazionale, l’artista ha creato e pubblicato online la pagina virtuale HOME PAGE. Nella pagina web, in continuo aggiornamento, sintetizza l’immaginario contemporaneo in disegni digitali e gif che dispone in caduta libera nello spazio virtuale bianco, cercando di ribaltare, confermare o associare tra loro significati e significanti attuali. Come una carta da parati, i disegni digitali tappezzano HOME PAGE creando nuove corrispondenze o svelando relazioni di senso inaspettate che sintetizzano, nella linearità delle forme, la violenza e l’iperproduzione delle immagini che assediano costantemente la percezione umana. I media diffondono un’informazione frammentata, facilmente accessibile ma di rapido consumo. Questo consente di scorrere sulla superficie delle cose ma non permette di praticare l’esercizio della memoria. <h1> Home Page </h1> trattiene un racconto dalle sembianze fantascientifiche che coincide con il nostro contemporaneo. In questo senso, l’opera proposta vuole essere un ancoraggio spaziale. La pagina web dal virtuale approda al suolo in una forma essenziale e ambulante, archetipo dell’abitare nomade: la tenda. Un display tangibile, ambientale, fruibile fisicamente, in una forma essenziale, mobile, antimonumentale e modulabile.
Giuseppina Giordano, Corolla Sketches
Museo d'Arte per Bambini presso il Santa Maria Della Scala, Siena (SI)Corolla Sketches
Installazione (sculture indossabili)
Corolla Sketches è un’installazione composta da dieci sculture indossabili, dalla forma stilizzata di corolle di fiori, attraverso cui si attiva la partecipazione del fruitore. Rispondendo all’esigenza di distanziamento imposto durante la fase acuta dell’epidemia da CoViD-19, a partire dal mezzo pittorico e da linee gestuali l’artista ha elaborato un’opera scultorea indossabile, dove i profili dei petali si presentano come sintesi grafiche essenziali. Ogni scultura è costituita da petali flessibili realizzati in tubi di gomma contenenti pittura acrilica in uno spettro cromatico vario. I petali sono agganciati a una fascia elastica da indossare in vita. Le sculture, leggere e resistenti, sono disposte a pavimento liberamente, senza schemi predefiniti. L’opera è attivata ogni volta che qualcuno decide di indossarla, trasformando il pavimento, e lo spazio, in un foglio in cui disegnare un paesaggio fiorito. Ogni fruitore è invitato a muoversi nello spazio spontaneamente, modificando la propria esperienza di fruizione, creando coreografie, immaginandosi come un fiore in movimento, incarnandone la delicatezza. La delicatezza è alla base dell’interazione con l’opera e con gli altri; spontaneità e semplicità sono le chiavi della performance partecipata.
Riponendo a terra la scultura, il fruitore muterà l’interazione con lo spazio, divenendo co-creatore di un ambiente che cambia continuamente.
Nicola Guastamacchia, 32 Metri Quadri di Mare (Mediterraneo)
Fondazione Museo Pino Pascali, Polignano a Mare (BA)32 Metri Quadri di Mare (Mediterraneo)
Installazione (scultura)
Questo progetto prende ispirazione da 32 Metri Quadri di Mare Circa (1967) di Pino Pascali e riflette sull’impossibilità, al giorno d’oggi, di immaginare e rappresentare il Mare Mediterraneo senza considerare la sanguinosa crisi migratoria di cui è scenario. Appropriandosi del titolo e formato dell’opera di Pascali con alcune variazioni, 32 Metri Quadri di Mare (Mediterraneo) consiste in 27 vasche quadrate di alluminio zincato – tante quanti i paesi membri dell’UE – contenenti acqua colorata con diverse concentrazioni di anilina rossa. L’anilina, già utilizzata come colorante (azzurro) da Pascali, si ossida spontaneamente nel tempo dando luogo a colorazioni rosso-bruno. Tale effetto collaterale diventa il pretesto per riflettere su come noi, europei contemporanei, immaginiamo il nostro mare e se sia possibile separarne il pensiero da quello del sangue dei tanti migranti dispersi.
Agostino Iacurci, Hortus
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (PO)Hortus
Scultura
Hortus è una scultura che fa riferimento al mito del Paradiso, ed è composta da una fontana da interno in ceramica smaltata, inclusa in una struttura di sette anelli in alluminio e neon – sette come i cieli danteschi, o come i miliardi di abitanti della terra che dovrebbero trovare alloggio in un eventuale paradiso terrestre, se mai venisse trovato. La scultura trae ispirazione, nella sua forma, dalla fontana che appare al centro della miniatura medievale “Il Giardino dell’Amore o Hortus con fontana della giovinezza” nel codice De Sphaera, e si configura come un oggetto simile all’antenna di un ripetitore, o una sorta di obelisco alieno che alimenta una riflessione su questo grande mito, il Paradiso, e il suo significato in un mondo con una popolazione umana in crescita esponenziale, in cui la natura è soggetta ad un saccheggio costante, non essendo più “sufficiente” a fornire ospitalità e sostentamento ai suoi abitanti. L’umanità va così alla ricerca di nuovi spazi da conquistare, di luoghi al di là della terra dove inventare nuove storie umane, una ricerca infinita che non trova soluzione ma che può esistere solo in una dimensione parallela e immaginifica. Partendo da questi temi, l’installazione suscita riflessioni su immortalità ed eterna giovinezza, temi da sempre oggetto di riflessione filosofica, artistica e biopolitica, ma che si trovano oggi al centro di investimenti e profitti esponenziali.
Andrea Martinucci, Turbomondi (Melodia)
Istituto Centrale per la Grafica, Roma (RM)Turbomondi (Melodia)
Videoinstallazione
Con l’opera video Turbomondi (Melodia) Andrea Martinucci prosegue la sua sperimentazione linguistica per sondare poeticamente il potere della parola, nutrendosi liberamente del cinema, dell’audiovisivo come della poesia visiva per trattare i meccanismi della comunicazione come soggetto. Il video propone una storia ipnotica, senza carrellate, né movimenti di macchina dove la turbolenza e la velocità evocate dal titolo si costruiscono grazie alla pratica della “meditazione creativa trascendentale”: ogni situazione viene generata dall’inconscio per attingere dal profondo della propria immaginazione e creare nuovi panorami. Tale pratica rappresenta la continuità tra il fare pittura dell’artista e il processo creativo del video presentato. Il linguaggio e il ritmo del video Turbomondi (Melodia) ricalcano quelli di uno spot commerciale in cui il prodotto da vendere è la “parola”, la sua persuasività e capacità di generare socialità. L’opera rappresenta la chiave di accesso per Turbomondi: «una galassia di mondi sospesi, popolati da creature alla perpetua ricerca della loro integrità e in continua evoluzione tra di loro. Nessun essere resta mai uguale a sé stesso ma si scompone e ricompone, secondo forze superiori. Cosa sono? Cosa sono stato? Cosa diventerò? Turbomondi ci invita a riconsiderare le idee che ci siamo fatti su cosa significa esistere, su cos’è la Terra, su cos’è la società».
Diego Miguel Mirabella, Scoprivamo il sole
Museo Riso - Museo regionale di Arte moderna e contemporanea, Palermo (PA)Scoprivamo il sole
Scultura-mosaico in ceramica e ferro
Il lavoro si inscrive in un progetto di ricerca sul mosaico marocchino che l’artista porta avanti dal 2017 in stretta collaborazione con gli artigiani di Fez. Il mosaico tradizionale marocchino (Zellij) presenta pattern geometrici uniformi, rigorosamente aniconici, regola ferrea che nei lavori dell’artista è violata con l’inserimento di disegni, forme e frasi, pensieri, suggestioni che il più delle volte si perdono nelle trame stesse dello schema geometrico, confondendosi con esso. L’opera in progetto raffigura uno squarcio dal quale si intravede un cielo stellato, realizzato modificando il colore di alcune tessere. Al centro del lavoro, la frase “Il rito si accordava al gioco, la bocca arsa e gli occhi bruciati, scoprivamo il sole” – una frase che rimanda a una dimensione calda legata ai luoghi del sud del mondo e allo stesso tempo ad un rapporto con l’infanzia, riferimento a certa letteratura siciliana e alla filosofia del “meridiano”: un tempo lento, lo stesso, in fondo, che necessitano gli artigiani marocchini per la realizzazione di questo tipo di mosaici.
Rebecca Moccia, Rest your eyes
MAMbo - Museo di arte Moderna di Bologna, Bologna (BO)Rest your eyes
Videoinstallazione
L’idea progettuale di Rest your Eyes muove da una serie di esperienze recenti e riflette la volontà di concentrarsi su una sorta di materialismo intermediale, sulla ricerca scultorea di un’opera-stato d’animo, una sorta di iper-luogo che vada oltre il tangibile, configurandosi come uno spazio-zona al contempo intimo e pubblico. L’installazione prevede la proiezione in loop di una ripresa a camera fissa di un vetro appannato dal quale si intravede una stanza con un notiziario acceso. All’interno del video muto, lo spettro cromatico cambia a seconda delle immagini della cronaca quotidiana ma anche del mutamento delle condizioni di luce nel corso della giornata di ripresa. Le variazioni di luce e colore, al contempo perturbanti e familiari, unitamente ad una costante tensione di superficie data dal tentativo di distinguere narrazioni o forme riconoscibili, agiscono come una sorta di filtro proiettivo e persistente che dal video prosegue nello spazio sfocandone, attraverso il riverbero luminoso e sensoriale, i limiti. La componente audio, oltre ad accentuare la sensazione di ritardo e disturbo percettivo, espande lo spazio espositivo, connettendolo ininterrottamente con l’esterno.
Leonardo Petrucci, Tessitura cosmica
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (PO)Tessitura cosmica
Arazzo
Il progetto prevede la realizzazione di un arazzo con la riproduzione della complessa geometria presente nelle meteoriti ferrose, in cui gli elementi metallici (principalmente ferro e nichel) si dispongono seguendo un intricato intreccio. Questo processo, causato da collisioni planetarie avvenute miliardi di anni fa, è il frutto di una solidificazione estremamente lenta e si manifesta con questo affascinante disegno noto come figure di Widmanstatten o struttura di Thomson. Questa sorta di impronta cosmica rappresenta una traccia fondamentale dell’evoluzione del sistema solare, e quindi di tutta la vita fino a oggi conosciuta, andandosi ad inscrivere nel DNA dell’essere umano. L’intervento dell’artista consiste nel tradurre la struttura di questo reticolo archetipico e replicarla con filati diversi, naturali e artificiali, a richiamare le diverse finiture dei metalli. L’esecuzione avverrà in collaborazione con le maestranze artigianali di Prato, rievocando tecniche antiche e riportando l’attenzione su pratiche tradizionali di eccellenza ormai vicine alla sparizione.
Paolo Puddu, Mind the gap
MADRE - Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli (NA)Mind the gap
Scultura
Con l’intenzione di accorciare qualsiasi distanza sociale, Mind the gap focalizza l’attenzione sulla percezione tattile, cercando di avvicinare all’arte contemporanea il pubblico dei non vedenti e di avvicinare altresì il pubblico dei vedenti, invitandoli a toccare lo “spazio della distanza”. Il progetto intende ricreare ex novo una transenna stradale – normalmente utilizzata per il distanziamento pedonale – e apporre sul lato superiore della stessa un breve testo poetico tradotto in codice braille. Le parole creano un ricamo, una trama in grado di accompagnare il fruitore in una lettura polisemica, intrisa di significato, quanto di significante. Una traccia scultorea dove la cecità diviene il contrappunto concettuale attraverso il quale osservare la realtà. Mind the gap delinea un tessuto sociale in transizione, un paesaggio tattile che occupa quello spazio di mezzo “tra”: quell’intermezzo tra parola e immagine, tangibile e intangibile, scrittura e scultura, soggettività e alterità, dove paradossalmente il toccare diviene lo strumento per vedere. All’indomani della pandemia, la transenna rappresenta il distanziamento che tutti noi stiamo vivendo, ma al contempo vuole essere luogo di condivisione e relazione, luogo di contatto appunto: testimonianza di quella mancanza necessaria alla reciprocità di un’interazione.
Giovanna Repetto, Maremoto-Atmosfera n.2
MAMbo - Museo di arte Moderna di Bologna, Bologna (BO)Maremoto-Atmosfera n.2
Installazione
L’opera riflette sulla decontestualizzazione del paesaggio e come l’immagine di esso assuma differenti forme attraverso l’azione umana. L’artista ha seguito le operazioni di un’azienda portoghese che si occupa di trasportare porzioni di oceano a domicilio: l’acqua marina viene utilizzata per migliorare la vita di pesci, piante acquatiche e coralli negli acquari, che solitamente sono riempiti di acqua salata riprodotta artificialmente. Attraverso questa attività commerciale grandi quantitativi d’acqua oceanica vengono spostati in tutto il mondo in maniera innocua, arrivando all’interno dei nostri salotti, studi, camere, bagni, tramutando una calamità naturale in un fenomeno controllato e innocuo. Maremoto è la testimonianza materiale della fase finale del processo industriale, quando l’acqua viene inscatolata e ricollocata in ambienti antropizzati. Maremoto è un’immagine concreta dello spostamento dell’acqua. Queste nuove “geografie fantasma” esistono solo nelle tracce documentative sugli ordini da parte dei clienti, attraverso le quali si può avere un’idea concreta del liquido che ogni giorno viene frammentato nelle nostre case. L’oceano così privato della sua connotazione spaziale si fa paesaggio effimero, perde la sua locazione geofisica, e l’installazione è un tentativo di fissarne la memoria.
Eleonora Roaro, FIAT 633NM
CAMeC- Centro Arte Moderna e Contemporanea, La Spezia (SP)FIAT 633NM
Videoinstallazione
Il progetto, a partire da un archivio famigliare costituito da circa 360 fotografie del 1937-38, mira ad analizzare criticamente e a decostruire il ruolo delle imprese coloniali d’epoca fascista nel Corno d’Africa, spesso cancellate dalla memoria collettiva o nostalgicamente falsificate. Il video realizzato si focalizza sul corpus di immagini relative a un camion Fiat 633NM che è stato fotografato ossessivamente in più occasioni. Poiché le infrastrutture erano per Mussolini uno strumento di propaganda che poneva enfasi su aspetti di modernità e progresso, l’autocarro FIAT diventa emblema della retorica coloniale. Le immagini del camion sono in dialogo con quelle della narrazione ufficiale (tratte dagli archivi dell’Istituto Luce e del Touring Club Italiano) e con le immagini del deserto etiope, che alludono all’idea coloniale di terra incontaminata da conquistare. La traccia audio è una manipolazione della marcia militare “Seconda Fantasia Ascari Eritrei” degli anni ’30 in cui i soldati eritrei dell’Africa Italiana Orientale, su una melodia tribale e ipnotica, gridano frasi come “Viva l’Italia!”, “Mussolini”, “Viva il Re!”.
Giulio Saverio Rossi, Il giardino di notte
Casa Masaccio Centro per l'Arte Contemporanea, San Giovanni Valdarno (AR)Il giardino di notte
Installazione pittorica
A partire dalle proprietà fosforescenti di alcuni minerali che appartengono al gruppo delle “terre rare”, al centro del dibattito mondiale in quanto risorsa economica determinante, Il giardino di notte sviluppa una riflessione sulla duplicità dello sguardo e sulla relazione, mediata dal tempo, fra fruitore e sede espositiva. L’opera, infatti, attivandosi solo di notte e quindi potenzialmente negli orari di chiusura del museo, genera un’inversione nella logica produttiva dell’arte e nella relazione fra fruitore e opera. Durante le ore diurne l’opera si presenta come una veduta dello studio di un pittore, mentre di notte emerge sulla sua superficie l’immagine di una flora luminosa. La contrapposizione delle due immagini è principalmente il confronto tra due differenti regimi scopici: un passaggio da mondo analogico (la pittura) a dominio digitale (terre rare) e al contempo un passaggio da un’opera che riceve luce ad una che genera la propria visibilità impiegando gli stessi minerali che rendono possibile la luminosità in dispositivi del nostro quotidiano quali smartphone e computer.
Giacomo Segantin, Senza titolo (progetto sassaia)
Fondazione Bevilacqua la Masa, Venezia (VE)Senza titolo (progetto sassaia)
Fotografia
Il progetto nasce dall’esigenza di articolare la complessità di quello che chiamiamo “paesaggio”. La necessità di abolire la dicotomia uomo – natura è fondamentale, poiché il rischio di questo pensiero è quello di considerare la natura come un elemento passivo e quindi subordinato alla volontà e all’azione dell’uomo. Durante una residenza nell’ex Villaggio ENI a Borca di Cadore l’artista ha sviluppato una ricerca sul territorio, inteso come “risultato di processi co-evolutivi di lunga durata fra insediamento umano e ambiente”. L’ex Villaggio ENI offre un caso esemplare dove è impossibile stabilire il confine fra progetto urbano e dinamiche naturali. Imitando questo processo è stata realizzata un’installazione all’interno del conoide detritico adiacente al Villaggio. Si trattava di una linea di foglie di acacia polverizzate, distese lungo un crinale ghiaioso all’interno della sassaia. Un’immagine ambigua prodotta dall’incontro di due casi di progettazione delle dinamiche naturali: l’intervento artistico e la manutenzione del conoide detritico da parte della protezione civile. L’obbiettivo era quello di abbattere la concezione di un’umanità superiore ed opposta alla natura, evidenziare il carattere relazionale del contesto in cui viviamo e di sottolineare i limiti – e l’inevitabile fallimento – di attuare una svolta ecologica limitata al piano ambientale. L’immagine fotografica sintetizza la complessità del progetto e rimane come unica prova dell’installazione, sparita nel giro di poche ore.
Davide Sgambaro, I push a finger into my eyes (kiss, kick, kiss)
MAMbo - Museo di arte Moderna di Bologna, Bologna (BO)I push a finger into my eyes (kiss, kick, kiss)
Scultura
I push a finger into my eyes è un progetto ideato durante il lockdown e riflette sulla tematica del precariato, dell’autopromozione e della sparizione, di come il ruolo dell’artista sia mutato nel corso del tempo nell’immaginario collettivo passando da figura indispensabile alla crescita culturale, critica ed intellettuale a mero produttore di oggetti. Emblematica è la situazione del lavoratore, che alterna momenti di massima esposizione individuale a momenti di penombra che contribuiscono ad una instabilità psico-fisica. Kiss, kick, kiss è la scultura rappresentativa del progetto, un monumento all’individuo, al lavoratore in stato di crisi, alla forza nel reagire a una fragilità dovuta al momento storico, alla malattia e alla precarietà. La scultura veicola il messaggio secondo la “tecnica delle tre K”, sfruttata soprattutto in ambito professionale per comunicare brutte notizie, che consiste nell’alternare i toni positivo – negativo – positivo per ammortizzare eventuali traumi da rifiuto. La teca di vetro multistrato contiene e protegge (kiss) un petardo esploso (kick) che si mostra nella sua forma finale solo a fatto compiuto in tutta la sua stupenda fragilità (kiss).
Jacopo Valentini, Concerning Dante / Autonomous Cell
FMAV - Fondazione Modena Arti Visive Galleria Civica di Modena, Modena (MO)Concerning Dante / Autonomous Cell
Installazione fotografica
Jacopo Valentini ripercorre i viaggi di Dante Alighieri – quelli reali compiuti in Italia e quelli immaginifici descritti nella Divina Commedia. Nel progetto fotografico saranno raccontati tre luoghi, interpretati simbolicamente come i tre varchi verso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, punti di contatto tra la narrazione della Commedia e il territorio italiano: i Campi Flegrei, che erano per gli antichi l’accesso agli inferi; la Pietra di Bismantova, ritratta a simboleggiare il Purgatorio, seguendo l’esplicito richiamo contenuto nel IV Canto del libro; il Delta del Po, scelto come pretesto visivo per evocarne le suggestioni attraverso la peculiarità del paesaggio. Ognuno dei tre luoghi è rappresentato da un dittico, composto da un brano di paesaggio e una natura morta inerente a ciascuno dei contesti citati, capace di esplicare come il portato culturale della Commedia sia profondamente sedimentato lungo il nostro paese.
Martina Zanin, Older Than Love
FMAV - Fondazione Modena Arti Visive Galleria Civica di Modena, Modena (MO)Older Than Love
Installazione (fotografia, materiali d'archivio, materiali audiovisivi)
Older Than Love è un’opera multimediale che prende come punto di partenza il rapporto personale dell’artista con il padre, sviluppandolo attraverso la metafora del falco e la sua preda e creando un parallelismo tra l’aggressività animale e quella umana. L’opera tratta il tema dell’aggressività e i sotto-temi associati, come la paura, la rabbia e l’amore, sottolineando come in ogni relazione in cui si crei un legame di attaccamento è insito un elemento di aggressività e che essa non è una caratteristica di personalità assoluta, ma l’insieme di vissuti pregressi in un determinato contesto. L’opera multimediale è composta da fotografia, materiale d’archivio, video e suono, al fine di rendere manifesta attraverso la sollecitazione di tutti i sensi l’aggressività e l’ambivalenza delle relazioni e della loro percezione. L’opera intende focalizzare su come dei comportamenti apparentemente normali possano essere interpretati negativamente e, al contrario, come comportamenti negativi possano invece essere normalizzati all’interno delle relazioni, inducendo il fruitore a riflettere sulla natura dell’aggressività – se un istinto o un comportamento appreso.
Nico Angiuli, Gondola Avvenire
MACC - Museo Arte Contemporanea Calasetta, Calasetta (SU)Gondola Avvenire
Installazione (materiali video in realtà virtuale)
Una tipica gondola veneziana si aggira tra i canali di Porto Marghera; il gondoliere che accompagna gli avventori non narra però del Ponte dei Sospiri o di Rialto, ma dell’archeologia industriale tra i canali Porto Marghera; non della Callas o di Casanova, ma delle canzoni tipiche dei lavoratori negli anni d’oro del Petrolchimico; dell’ascesa e del declino di importanti nomi dell’industria chimica; dell’infiltrazione delle BR a Marghera, degli anni di piombo; di Giuseppe Volpi (a cui è dedicata la Coppa Volpi al Festival del Cinema) tra i padri del progetto della Grande Venezia, per cui Porto Marghera fu immaginata e realizzata (a metà del Novecento) così da “offrire un futuro alla Venezia storica e lagunare”. L’opera intende riconnettere questi due paesaggi e queste due Venezie, considerandole come un unicum, concentrandosi sulla rielaborazione del tipico impianto drammaturgico recitato a bordo della gondola, per argomentare prospettive, aspetti storici e un dibattito necessario sul futuro di Porto Marghera e sullo sguardo tossico da turista mordi e fuggi.
Salvatore Arancio, Fragments (working title)
MAMbo - Museo di arte Moderna di Bologna, Bologna (BO)Fragments (working title)
Installazione (scultura, materiali video)
In continuità con la sua fascinazione per il medium della ceramica l’artista, in collaborazione con il MIC di Faenza, propone un dialogo con le parti nascoste al pubblico del museo, attraverso un’investigazione sulla conservazione della ceramica. Arancio lavorerà a un video, proponendo una poetica rilettura dei depositi e del laboratorio di restauro, dove da anni, si lavora per ricostruire le opere della collezione danneggiate durante il bombardamento dell’ultima Guerra.
Insieme al video, una serie di sculture in ceramica sarà realizzata, a quattro mani, con le restauratrici: il lavoro sarà portato avanti senza ordini gerarchici tra artista e artigiano, assemblando insieme elementi creati dalle diverse mani, modellando partendo da un’interpretazioni immaginifica, legata alla memoria di opere restaurate in passato. Il progetto vuole così affrontare temi legati alla fragilità, narrando come l’eccellenza e “know-how” italiano sia in gradi di riordinare il caos, dando una seconda vita a opere che andrebbero altrimenti perdute.
Simone Berti, Senza titolo
Museo Nazionale della Montagna "Duca degli Abruzzi", Torino (TO)Senza titolo
Pittura
L’opera che sarà prodotta è un dipinto realizzato su un rotolo di carta lungo dieci metri. Il soggetto dell’opera sono radici e grandi tronchi d’albero, coerentemente con il lavoro che l’artista porta avanti da più di un anno e, nello specifico, si tratta di tronco che si sviluppa per l’intera lunghezza dell’intero rotolo. Tale rullo, assicurato alla parete a ridosso del soffitto, sarà srotolato fino al pavimento, rivelando la porzione di albero pari all’altezza dell’ambiente in cui sarà installato. Il rapporto di dipendenza che si crea tra il rotolo e l’altezza dell’edificio che lo ospita, crea un’opera continuamente variabile e diversa, presentandosi come una riflessione sulla relazione che si crea tra il naturale e il costruito.
Francesco Bertocco, Verdrängung (rimozione)
MAMbo - Museo di arte Moderna di Bologna, Bologna (BO)Verdrängung (rimozione)
Videoinstallazione
In Verdrängung, l’utilizzo di una tecnica terapeutica (la TMS) ci costringe a riflettere sulla necessità o meno della rimozione come pratica imprescindibile, per la costituzione di un’identità ideale. Il nostro comportamento, quello più pervasivo e doloroso, soggiogato da forme di dipendenza inestinguibili, influenzato dal dolore che un dato evento ci ha procurato, diventa un “oggetto” da rimuovere completamente, rapportandoci al grado zero della nostra storia. Il progetto vuole essere una riflessione, da una parte, su questa pratica terapeutica, oggi sempre più diffusa, dall’altra parte, invece, sulla dinamica, anch’essa così presente nel panorama della cura contemporanea, in cui l’evoluzione tecnologica diventa lo strumento chiave di un sistema economico, orientato verso una richiesta sempre più pressante di risultati immediati e quantificabili. La rimozione, cosiffatta, rischia di diventare un passaggio fondamentale, all’interno di un processo di costruzione di un corpo, la cui storia può essere improvvisamente e pericolosamente riscritta.
Pamela Breda, The Unexpected
Museo Civico d'Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova (GE)The Unexpected
Videoinstallazione
La crescita costante di app e software connesse con l’intelligenza artificiale (AI) utilizzati per migliorare il benessere degli utenti e fornire supporto per superare ansia e solitudine, sta creando nuove questioni sociali ed etiche legate alle risposte emotive e psicologiche generate negli esseri umani nei confronti dell’AI. Gli assistenti virtuali stanno offrendo qualcosa di nuovo in termini di interazioni tra l’uomo e l’AI, una interazione emotiva, e gli esseri umani stessi stanno cercano una maggiore profondità emotiva con la tecnologia. Partendo da queste premesse il progetto di Pamela Breda mira a studiare le crescenti interazioni tra utenti e AI in relazione all’affective computing, sistemi in grado riconoscere, interpretare, rielaborare e simulare le emozioni umane. La metodologia adottata è quella dell’etnografia sensoriale e il lavoro finale sarà composto da un film e da un video sperimentale. Cuore dell’opera è l’indagine sullo sviluppo di applicazioni virtuali progettare per mitigare problemi di salute mentale, disturbi d’ansia eant dell’umore. Le domande che Breda si pone sono: in che modo le interazioni tra utenti e assistenti virtuali influiscono sull’essere umano? Quali risposte emotive generano? Percepiamo ancora l’intelligenza artificiale come qualcosa di altro da noi o ci immedesimiamo con la stessa come faremmo con un altro essere umano?
Chiara Camoni, Autoritratto (una luna)
Centro attività espressive Villa Pacchiani, Santa Croce sull'Arno (PI)Autoritratto (una luna)
Disegno
L’opera presentata è un Autoritratto, composto da 29 disegni, matita su carta, ciascuno cm 21 x 29,7.
Incorniciati con cornice argento e vetro antiriflesso cm 30 x 42, implicitamente ispirato a Carla Lonzi e al suo celebre volume di interviste.
L’autoritratto, scomposto in innumerevoli disegni, si ricompone nella sintesi immaginaria di tutti i volti insieme. Chiara Camoni descrive i ritratti come «io-vecchia, io-nei miei incubi, io-piccola o ragazzina, io con connotati scimmieschi o mostruosi, io con tracce di riferimenti artistici del passato, io sfuggente, io-uomo, io in abiti rinascimentali, io-scomposta, io-severa, io che occhieggio, e così via…», una pluralità che si rende disponibile all’identificazione dell’osservatore.
Camoni parla così della sua pratica: «Mi guardo in maniera fissa allo specchio o nel riflesso di qualche vetro, senza però posare lo sguardo sul foglio. Cerco una concentrazione introspettiva, scavando nei lati più reconditi. Metto in scacco la mano, la sua abilità – in ogni caso lei se la cava. A volte il disegno riesce subito, altre volte devo farlo e rifarlo ancora. Al termine del disegno mi “appaio”, inedita a me stessa. Mi immergo in un topos della tradizione, che per tanta arte contemporanea è anche tabù, ma essenzialmente indago la realtà, la mia vita, cerco delle risposte. Proprio qualche giorno fa leggevo in un libro di Roberto Calasso: “Così vanno trattate le questioni più ardue: si incontra un cane acciambellato o qualsiasi cosa ¬– e allora si si decide che lì deve essere la risposta. Se una risposta non è in qualsiasi cosa non sarà da nessuna parte.”»
Cristian Chironi, Drive tour
MAMbo - Museo di arte Moderna di Bologna, Bologna (BO)Drive tour
Fotografia
Drive Tour è l’evoluzione fotografica di due progetti interdisciplinari, My house is a Le Corbusier e Drive. Come gli altri due si tratta di un lavoro itinerante, che unisce l’architettura, il design, il viaggio e il paesaggio: una costellazione di percorsi che porta l’artista a spostarsi dal suo borgo nativo in Sardegna, verso le principali città italiane ed europee. In strada è a bordo di una Fiat 127 Special chiamata “Camaleonte” ideata da Chironi stesso per via della sua capacità di cambiare colore a seconda dei posti in cui si ferma e seguendo gli accostamenti cromatici tipici delle architetture in cui l’artista vive e lavora su dodici paesi al mondo. Chironi sta sviluppando nel tempo una ricerca sull’abitare, mettendo a confronto visioni strutturate e storiche in campo architettonico con l’evoluzione del vivere contemporaneo. L’artista desidera reinvestire questi viaggi nella valorizzazione fotografica dei vari step in diverse città, creando una trama visiva in cui l’auto viene immortalata insieme al patrimonio culturale e artistico, facendosi misura di uno spostamento e allo stesso tempo marcatore del luogo visitato. Un viaggio fatto di strade parallele, corrispondenze generazionali e visioni fuori dal finestrino.
Iginio De Luca, Tevere Expo
MACA - Museo d'Arte Contemporanea dell'Accademia di Belle Arti di Frosinone, Frosinone (FR)Tevere Expo
Installazione (stampa, materiali video)
Il progetto Tevere Expo vuole riesumare l’anima inconscia del fiume e, di riflesso, anche la nostra: quella clandestina data per scordata e mai condonata. Scarti, rifiuti, oggetti smarriti, affogati in un naufragio all’inizio privato e poi pubblico, che dall’acqua affiorano all’aria, immagini torbide e sfocate che diventano alternative a realtà ineluttabili: quelle della non curanza e dell’abbandono. Il titolo fa riferimento, con intento pop e sarcastico, a una manifestazione serale estiva che ogni anno si tiene lungo il fiume. Il progetto prevede un’installazione urbana con una selezione di 15 maxi-fotografie della misura di cm. 200 x 300 applicate su cartelloni pubblicitari in prossimità dei luoghi della cultura e delle istituzioni di Roma, protagoniste di una singolare campagna promozionale che in maniera democratica e popolare, sponsorizzano l’inutile, il frammento, l’inservibile. Il Tevere esonda metaforicamente in strada, sale nello spazio pubblico come forma di denuncia poetica che reclamizza la sua anima e ne rivendica il lato più visionario. I manifesti faranno da specchio etico, pretesto simbolico ed estetico a valenza universale per riflettere e riflettersi. Accompagnerà l’opera un video artistico-documentativo e stampe digitali di alta qualità che illustrano l’installazione urbana.
Sara Enrico, RGB (skin)
MACTE - Museo di Arte Contemporanea di Termoli, Termoli (CB)RGB (skin)
Installazione (scultura, stampe)
RGB (skin) si compone di due sculture in gommapiuma rivestita di tessuto. RGB (skin) è una forma uguale e ripetuta: la superficie cromatica dei tessuti, nel rivestire le sculture, crea differenze anche sottili. Il progetto si pone in continuità con altri dell’artista sullo stesso tema e si espande verso una dimensione intermedia tra un’evocazione di elementi archeologici e richiami al paesaggio fantascientifico. L’origine delle texture e dei colori è il risultato meccanico della relazione tra la tela e lo scanner e la “post produzione” usando software digitali. La forma in gommapiuma che dà volume e corpo alla scultura ha una geometria di partenza potenzialmente funzionale: molto spesso l’artista ha osservato nei laboratori di produzione industriale forme simili.
Collocati nello spazio, questi lavori si mostrano come evocazioni archeologiche o richiami a un paesaggio fantascientifico, ma nella variazione delle forme e delle superfici, nella quale la struttura si ripete o viene contraddetta, si ritrovano spesso riferimenti alla musica. La tradizione della drone music e della No wave in particolare intendono il volume sonoro come materia, o i loop tipici della psichedelia aprono questi tipi di possibilità, trasferibili anche nella fisicità di una scultura. RGB (skin) interroga la caduta della linearità della visione e la sensibilità aptica dello sguardo, in un’idea di “bassa definizione” nella quale il visuale non vuole nascondere la parte inerte del linguaggio, il suo riverbero materiale.
Luca Libero Frediano Bertolo, Kaputt
GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino (TO)Kaputt
Videoinstallazione
L’opera che sarà prodotta consiste in una video animazione che prende spunto dall’omonimo romanzo di Curzio Malaparte pubblicato per la prima volta nel 1944. A differenza dell’esuberante varietà di aneddoti, personaggi e visioni surreali narrati dall’autore a partire dalle sue esperienze in giro per l’Europa durante le Seconda Guerra Mondiale, la dimensione figurativa e narrativa del video è invece ridotta ai minimi termini, spesso al limite dell’astrazione. Accompagnati dalla traccia audio – un’incalzante base ritmica – vediamo apparire macchie sulle pagine di un libro, che finiscono per occupare l’intero spazio visivo; compaiono un paio di occhi sgranati che sembrano vagare in un luogo oscuro: di chi sono? cosa guardano? I frame del video corrispondono ad altrettante pagine originali di una copia del romanzo di Malaparte sovradipinte con acrilico. La fisicità del libro – il numero di pagine, il loro formato, la grana della carta e la parziale presenza dei caratteri tipografici – costituisce così al tempo stesso l’innesco, il supporto e il limite entro cui prende corpo lo spartito visivo.
Invernomuto, Rimini Capitale Afro
Museo del Novecento, Milano (MI)Rimini Capitale Afro
Scultura
Rimini Capitale Afro è una scultura ambientale che replica un frammento delle mura della Melody Mecca, una discoteca di Rimini che fu un luogo leggendario per la nightlife romagnola tra gli anni Ottanta e Novanta. Con “Afro” si intende una scena allargata sviluppatasi in quegli anni nella costa Adriatica italiana. La definizione è riferita alla commistione di generi musicali diversi che molti DJ dell’epoca suonavano nei loro set. “Afro” non necessariamente fa riferimento alla musica africana, ma secondo le parole di DJ Pery – resident della Mecca per quasi vent’anni – rappresenta «un’idea globale della musica». Alla Mecca, infatti, si ascoltava una miscela di funk, disco, MPB brasiliana, musica sitar indiana, afrobeat e molto altro. Questa tensione all’esotismo (“Ritmo orientale” si legge su un altro muro della discoteca), è sottolineata anche dall’architettura del locale: un’area all’aperto coperta da un tendone che replica le strutture a volta dell’architettura araba. Il progetto si inserisce in un percorso storico-musicale che Invernomuto porta avanti da anni, a partire dal suono e dagli immaginari che genera. In particolare, il lavoro corre in parallelo a Black Med, un progetto di ricerca sonora sul Mediterraneo che il duo ha iniziato nel 2018.
Domenico Antonio Mancini, Senza titolo, rilevazione di uno spazio domestico
MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, Lissone (MB)Senza titolo, rilevazione di uno spazio domestico
Fotografia
Senza titolo, rivelazione di uno spazio domestico è un progetto che nasce nel tempo dell’isolamento per la pandemia, durante il quale riflettere sulla questione dell’abitare, più che una scelta, ha assunto il senso di una risposta agli eventi. Il progetto, infatti, scaturisce dalla condizione di totale impossibilità di accedere ai materiali della pratica artistica dell’autore. Lo studio, la prima stanza disegnata, da luogo usuale di lavoro è diventato l’oggetto e, insieme, il materiale dell’opera. Lo sguardo rivolto alla stanza-atelier si è poi indirizzato in modo radicale all’appartamento di cui lo studio fa parte. Rappresentare gli spazi, per riconoscerli e nominarli, è diventato un gesto di interpretazione del vissuto. La questione dell’abitate ha assunto oggi il ritorno alla dimensione privata a cui è stato necessario tornare, in particolare, uno spazio privato – reso performativo nelle “Skypecall” e nella dimensione dello “Smart-Working” – spazio per sé. La dimora è il luogo in cui si sovrappongono traiettorie esistenziali. Osservare con sguardo meticoloso lo spazio domestico ha assunto in questi mesi le caratteristiche di una pratica costante di costruzione e di progetto. Assumendo il senso della cura del luogo in cui l’artista vive, la pratica quotidiana del disegno del domestico e delle sue suppellettili è divenuta cura dello spazio – in cui ciascuno sviluppa e negozia le relazioni tanto con il dentro quanto con il fuori – e, quindi, cura del sé.
Elena Mazzi, The upcoming Polar Silk Road
MADRE - Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli (NA)The upcoming Polar Silk Road
Installazione (disegno, materiali video)
Il progetto di Elena Mazzi sviluppa una riflessione nata durante una residenza in Islanda nel 2018 che prevedeva l’analisi della “Via della Seta Polare”. Questo asse, che connetterà Europa, Russia e Cina aprendo una “rotta del nord”, si porrà in maniera alternativa rispetto a quelle marittime tradizionali e sfrutterà il sottosuolo dei mari artici che contengono il 20% di tutte le riserve del pianeta, tra cui petrolio, gas, uranio, oro, platino e zinco. L’opera consta di un video che documenta l’attività dell’Istituto CIAO, il nuovo osservatorio meteorologico-astronomico fondato per cementare l’accordo tra Cina e Islanda nel contesto della creazione della nuova rotta commerciale nell’Artico, nonché il paesaggio circostante, e si articola attraverso una serie di interviste a operatori del centro, studiosi, ricercatori e anche a politici locali. Accompagnano il video dei disegni che andranno a definire e identificare le vecchie e nuove rotte marittime. L’opera intende analizzare l’impatto che il cambiamento climatico provoca a livello geopolitico, oltre che geologico, cercando di sensibilizzare lo spettatore ai cambiamenti ambientali, interrogarsi sul significato odierno di mobilità e di quanto influisca sulla vita degli esseri umani e delle altre specie.
Jacopo Miliani, OHH! Stupore
MA*GA - Museo d'Arte di Gallarate, Gallarate (VA)OHH! Stupore
Installazione e performance
OHH! Stupore è un lavoro basato sull’emozione effimera dello stupore che deriva dall’esperienza sia del guardare che del fare. L’opera si compone di un arazzo/tappeto il cui disegno compone la scritta “O-H-H-!”, di una serie di oggetti/forme geometriche (cubo, piramide, sfera, cilindro) realizzati in materiali differenti che saranno attivati durante una performance. Durante l’azione, il performer sposterà le forme solide mentre produrrà con la voce il suono «O-H-H!». Il progetto si inserisce in una ricerca che Miliani porta vanti da anni attorno ai temi delle emozioni, della performance, del corpo, dell’azione e del linguaggio. Lo stupore al centro dell’opera è una metafora in grado di simboleggiare una serie di concetti collegati all’Italia e alla percezione interna ed esterna del nostro paese: una serie di concetti collegati all’Italia e alla percezione interna ed esterna del nostro paese: basti pensare all’idea di stupore nei confronti della grandezza antica relazionata all’esperienza del Grand Tour o connaturata a movimenti artistici come il Barocco o alla poetica di scrittori come Giovanni Pascoli, che ricercava nel “fanciullino” la capacità di tornare a sorprendersi. Lo stupore è inoltre elemento universale, così come la sua espressione: il suono «O-H-H-!» appartiene a ogni lingua e la stessa azione si adatta al luogo e al contesto in cui si manifesta.
Antonino Milotta, #IORESTOACASA
Museo Civico d'Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova (GE)#IORESTOACASA
Videoinstallazione
Il titolo del progetto s’ispira all’hashtag diffusosi in Italia all’inizio della quarantena imposta per prevenire e contenere la diffusione del COVID-19. Costretto dentro le mura domestiche tra marzo e maggio 2020, l’artista ha avuto l’occasione di analizzare l’enorme archivio di Villa Martini, la casa in cui vive con sua moglie da circa cinque anni. Dal 2015 hanno iniziato ad accumulare e ordinare ogni tipo di materiale riconducibile alla storia dei Martini, l’unica famiglia che qui ha vissuto prima di loro. Fotografie, diari, libri, lettere, certificati e altro sono diventati i reperti di memorie perdute. Come archeologi, hanno scavato nelle vite dei componenti di questa famiglia e hanno trasformato le memorie di questi ultimi nella loro letteratura, nei loro fotoromanzi e album familiari. Un’esplorazione che li ha trasportati in un altro tempo, pur restando negli stessi spazi, in cui si sono sovrapposte le storie delle rispettive famiglie. Il film d’artista che sarà realizzato metterà in relazione materiale d’archivio e nuove produzioni audio-visive analogiche e digitali. L’archivio diventa una metafora per raccontare sé stessi attraverso oggetti e documenti; mentre i personaggi che l’hanno generato diventano i compagni di un viaggio a ritroso, in quell’Italia che dal Risorgimento a oggi, ha subito un profondo mutamento identitario.
Valerio Rocco Orlando, I fondamentali
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (PO)I fondamentali
Installazione (scultura luminosa)
I fondamentali pone questioni urgenti su senso, significato e valore di educazione, esperienza e arte all’interno di un sistema in crisi, segnato dai precari equilibri delle istituzioni culturali a livello internazionale. Dopo aver sperimentato, nel corso degli anni, saperi e pratiche non convenzionali in territori decentralizzati, la ricerca dell’artista si formalizza ora nella produzione di un’istallazione modulare composta da tre sculture luminose al neon che amplificano il dialogo interindividuale attraverso le grafie di studenti di diversa formazione e provenienza. Il cortocircuito generato dalla relazione tra le domande e la fruizione del pubblico genera uno spazio di condivisione in cui sarà possibile attivare, di concerto con l’artista, il dipartimento educazione del museo e gli istituti coinvolti, laboratori e incontri mirati a generare nuove forme di apprendimento e consapevolezza
Massimo Ricciardo, Patrizio
MACC - Museo d’Arte Contemporanea Caltagirone, Caltagirone (CT)Patrizio
Videoinstallazione
Patrizio Decembrino, cinquant’anni anni fa, mosso dal desiderio di costruire una cappelletta per assolvere a un mandato che sentiva crescere dentro di sé, decide di realizzare nella mulattiera accanto a casa sua, un punto di ritrovo e di culto per i fedeli della zona. Il film racconterà, attraverso lo sguardo del suo protagonista, il trascorre del tempo degli ultimi cinquant’anni dedicati all’edificazione della Cappelletta intitolata alla Madonna del Tindari. Si tratta di un’architettura dal pensiero tanto fantastica quanto delirante, un sogno che ha dato vita alla sua idea di bellezza senza sottostare alle convenzioni sociali e lontano dalle finalità estetiche dell’arte tradizionale. Il tempo impiegato per la realizzazione della cappella sarà volutamente rappresentato come il tempo immaginato, il tempo come dimensione nella quale si concepisce e si misurano il trascorrere degli eventi. Accumulo di reperti, la cappella diventa un vero e proprio archivio della memoria in cui si esprime la dimensione immaginaria dell’autore, un uomo, un lavoratore, manovale e contadino all’occorrenza, che ha dedicato più di metà della sua vita a un progetto alimentato dalla propria utopia per la ricerca del suo mondo interiore.
Giovanna Silva, Archivi, Synthesis
CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell'Università di Parma, Parma (PR)Archivi, Synthesis
Fotografia, Libro d'artista
Il progetto nasce dalla volontà di fotografare gli archivi e le collezioni presenti in Italia, un patrimonio spesso sconosciuto, ma denso di bellezza e di storia. Gli archivi selezionati raccolgono collezioni sia museali che private. Giovanna Silva ha lavorato negli anni fotografando in maniera non sistematica gli archivi in Italia, ma un invito avuto a inizio 2020 da parte del MACRO di Roma museo a fotografare ciò che non sempre è accessibile ai visitatori, per esporre poi al pubblico il risultato del suo lavoro, l’ha portata a prendere atto non solo del patrimonio contenuto negli archivi dei musei, ma anche della loro invisibilità. Al centro di questa indagine saranno circa trenta archivi di enti pubblici (tra i quali ASAC – La Biennale di Venezia, Archivi di Pompei, Archivio di Stato di Napoli, Archivio del MAXXI), di personalità del mondo dell’arte, dell’architettura e del design (Carol Rama, Achille Castiglioni, Enzo Mari, Renzo Piano) e altri in corso di definizione. Lo scopo dell’artista non è soltanto documentare il contenuto degli archivi stessi, ma il luogo e i metodi dell’archiviazione. Questo modo di fotografare gli archivi costruisce pertanto uno spazio narrativo all’interno del quale, oltre alle opere e ai documenti, è possibile raccontare i luoghi e, attraverso questi, l’Italia.
Luca Trevisani, Mobili Radici
MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma (RM)Mobili Radici
Scultura
Mobili Radici è il progetto di un gruppo scultoreo inedito, composto da 21 elementi, 21 suole di scarpe, fatte di pane. Il progetto vuole ritrarre il mito del viaggiare, dell’odissea dell’emigrazione, di chi è partito per cercarsi il pane, portando le sue radici per il mondo. Fare il pane è un gesto quotidiano di archeologia culturale, significa ripercorrere i seimila anni della sua storia, e ricostruire i diecimila anni precedenti, quelli che hanno portato l’uomo a inventare la macinazione del grano e l’alleanza con il lievito, per passare dalla spiga alla michetta. La storia d’Italia è quella di un sapere alimentare profondo, radicato e immenso, ma anche quella di esplorazioni e pellegrinaggi, interni e globali. Mobili Radici racconta le ventuno regioni italiane con altrettante ricette, in pani di suole che sedimentano e riattivano un patrimonio materiale e culturale ricchissimo. Mobili Radici trasforma la fragilità biologica del pane in un laboratorio materico innovativo, in una fantasmagoria ludica, ma anche etica e politica. Mobili Radici ci ricorda che l’identità è costruzione in divenire, coagulo di materia e narrazioni.
ZimmerFrei, Ritratto di famiglia in interni
MAMbo - Museo di arte Moderna di Bologna, Bologna (BO)Ritratto di famiglia in interni
Videoinstallazione
Ritratto di famiglia in interni è un progetto artistico, documentario e antropologico che ritrae in modo originale lo “stato dell’arte” della famiglia contemporanea in Italia. Il progetto nasce sulla scorta di Family Affair, una serie di performance realizzate tra il 2015 e il 2018 in otto città europee e proseguite poi in Egitto, Grecia e Cina. La video-installazione che sarà realizzata da ZimmerFrei comprende un centinaio di ritratti video di persone di tutte le età, appartenenti a famiglie di diversa composizione, distribuite su tutto il territorio italiano. Sono dei ritratti che hanno tutti lo stesso formato: i soggetti sono al centro dell’inquadratura, inseriti nel loro ambiente domestico e posano come per uno scatto fotografico di lunga durata. La voce fuori campo di ognuno dei soggetti racconta un fatto accaduto nell’ambito della propria famiglia. Questi personaggi, invece che guardare l’obiettivo come in un comune ritratto, hanno gli occhi chiusi, ma appaiono assorti e vigili allo stesso tempo, in ascolto dei loro stessi pensieri e del flusso dei ricordi, così come dei rumori provenienti dal resto della casa. Dalla struttura di famiglie sempre più disseminate e reticolari emerge il valore della convivenza come socialità vissuta, progetto di società e comunità, invenzione del quotidiano, proiezione nel futuro, condivisione dei luoghi, logistica raffinatissima della gestione del tempo, arena di inevitabili conflitti, ma anche di inaspettate risorse e rigenerazioni.
Silvia Camporesi, La dottrina nascosta
MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, Lissone (MB)La dottrina nascosta
Installazione fotografia e Libro d'artista
Il progetto è ispirato al una lettura esoterica della Divina Commedia, compiuta da René Guenon nell’Esoterismo di Dante (L’ésotérisme de Dante, 1925). Partendo da tali assunti, Camporesi intende lavorare sul simbolismo numerico presente nel poema. L’assunto iniziale è il fatto che Dante stesso [Inferno, IX, 61-63] indichi che la sua opera abbia un senso nascosto dal velo esteriore e apparente, e che questo può essere colto solo da coloro i quali sono capaci di penetrarlo. Gli elementi sui quali si concentra la ricerca partono da una riflessione sul simbolismo numerico presente nella Divina Commedia, seguita a una ricerca relativa alla numerologia pitagorica e neoplatonica. Saranno analizzate le tre coppie di numeri che alcuni studiosi hanno riconosciuto avere un valore simbolico nell’intera opera: 3 e 9, 7 e 22, 515 e 666.
L’opera finale sarà costituita da una installazione composta da serie di immagini sia create ad hoc (disegni e fotografie) sia elaborate digitalmente partendo da repertori della tradizione esoterica, e da un libro d’artista.
Leone Contini, Monte Purgatorio
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (PO)Monte Purgatorio
Installazione (struttura modulare in legno e macerie)
Un cumulo di macerie prende la forma di un “monte” simile alle rappresentazioni del Purgatorio nella Divina Commedia. Tra la punizione irrevocabile e la beatitudine eterna, è forse il regno intermedio del divenire quello che meglio aderisce ad una visione secolare della storia intesa come manifestazione della condizione umana. Monte Purgatorio consiste, concretamente e metaforicamente, in una ricomposizione di macerie, quelle dei fallimenti della convivenza tra esseri umani, ma anche, nell’era dell’antropocene, quelli della devastazione dell’ecosistema; in cima al monte, un piccolo paradiso germogliante innescherà una riappropriazione, da parte della natura, di quello sterile accumulo di detriti della storia umana. Contini utilizza un tipo di struttura già comparsa nella sua ricerca, studiando le colline artificiali spiraliformi costruite in molte città con le macerie degli edifici distrutti nei bombardamenti aerei della Seconda Guerra Mondiale, luoghi “purgatoriali” della contemporaneità, laddove la devastazione bellica è riconvertita all’uso civico sotto forma di uno spazio verde pubblico e rigenerante, dove gli esseri umani, nuovamente cittadini, coabitino in libertà, insieme a piante e animali. Come in questi parchi e come nel piccolo Eden sulla cima del Monte Purgatorio porta vita alle macerie della Storia, in chiave metaforica la forza vitale rappresenta anche l’auspicio che la comunità umana possa risollevarsi dalla contingenza della presente emergenza.
Valentina Furian, Ciacco
Fondazione Bevilacqua la Masa, Venezia (VE)Ciacco
Video
Ciacco è un progetto filmico che si sviluppa a partire da una re-interpretazione del VI canto dell’Inferno, dove Dante e Virgilio incontrano i peccatori di gola. Una pioggia incessante costringe i golosi ad una pena infernale: costretti a rotolarsi in un fango putrido e maleodorante colpiti da una pioggia gelida, sono incapaci di alzare il capo; custode di questo cerchio è Cerbero, un gigantesco e spaventoso cane a tre teste che li tormenta in eterno. In Ciacco la camera riprodurrà la soggettiva del protagonista, disteso a terra nel fango che colpito dalla pioggia incessante e dalla tormenta bestiale di Cerbero (rappresentato da cani che interagiranno con la telecamera-Ciacco). Il film è in parte girato all’interno della Serra Tropicale del Muse di Trento, dove durante la notte una pioggia artificiale riproduce l’ambiente umido Africano. Il punto di vista soggettivo intende creare un’immedesimazione marcata dello spettatore con il protagonista, secondo una prospettiva straniante. Il lavoro si basa sull’idea che immergersi in Dante oggi significhi contestualizzare la sua selva oscura con l’attuale “notte del mondo”, partendo proprio dal rapporto tra la selva di Dante (un bosco, senza luce, selvaggio in cui si ha l’impressione di non orientarsi), la serra Tropicale (la riproduzione di un habitat naturale che l’uomo ricrea per preservarne l’identità) e il mondo in cui viviamo, in cui la finzione prende il posto della realtà.
Marta Roberti, Bestiario dell’altro mondo
Istituto Centrale per la Grafica, Roma (RM)Bestiario dell’altro mondo
Installazione (carta carbone, ferro) e video
Il progetto si concentra su alcuni degli animali che appaiono nella Divina Commedia, spesso usati, sotto forma di similitudini, per descrivere le anime dei dannati, dei purganti e dei beati, riattivando quei valori simbolici che dominano attribuiti bestiari, volumi di esegesi biblica e testi letterari più antichi.
Il lavoro finale consiste in un grande paravento o enorme libro leporello costituito da 8 grandi disegni incisi su fogli di carta carbone e da un video disegno animato in loop. L’artista sceglierà una decina di animali (tra cui le arpie, le gru, le rane, le formiche, i colombi e le cicogne) per concentrarsi dimensione metamorfica tra umano e animale. L’intento del progetto, infatti, quello di stimolare un immaginario ecologico basato su questa idea di metamorfosi, a fine di rendere sempre più evidente l’umano è parte della medesima comunità ecologica di tutte le altre creature viventi, inserendo il lavoro nel dibattito vivo tra animali e il concetto di animalità.
Marinella Senatore, A salire a le stelle / To Climb To The Stars
Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni, PistoiaA salire a le stelle / To Climb To The Stars
Installazione (sculture e materiali video)
L’opera trae ispirazione dai canti XXIV e XXV dell’Inferno che raccontano di Vanni Fucci, guelfo nero originario di Pistoia, considerato il personaggio più fosco dell’intera cantica, condannato nella bolgia dei ladri poiché autore del furto sacrilego del tesoro di S. Iacopo custodito nel duomo di Pistoia. Fucci confessa a Dante i suoi reati e sfoga la propria rabbia predicendo la rovina dei guelfi bianchi e dello stesso Dante (canto XXIV), prima di essere punito dalla Giustizia Divina per un gesto di sfida compiuto contro Dio (canto XXVI). L’opera, reinterpretando il dettato dantesco, immagina un riscatto dell’anima di Fucci, una sua catarsi dall’Inferno, passando per il Purgatorio e infine al Paradiso, a cui allude il titolo A salire a le stelle. L’opera sarà composta de tre sculture in resina raffiguranti una stessa figura umana a grandezza naturale, in tre colori differenti (bianco, argento, oro) che evocano l’anima di Vanni Fucci nei tre stadi e da un video composto da collage, composizioni astratto-geometriche, coreografie luminose che, posto al centro di una pedana circolare, sarà proiettato in loop sia sulle sculture sia sulla retrostante parete circolare che le sono intorno.